Umberto Lilloni



UMBERTO LILLONI : Biografia


Umberto Lilloni è nato l' 1 Marzo del 1898 a Milano dove suo padre, di origine mantovana, s'era trasferito una ventina d'anni prima a esercitarvi l'ebanisteria e il commercio dei mobili.

La prima infanzia la trascorse in un tipico quartiere popolare milanese.
All'età di 16 anni suo padre lo mise a dirigere lo stabilimento, ma per sua natura irrequieta, preferì intraprendere gli studi d'ingegneria navale, studi che interruppe per studiare disegno presso la scuola artigiana dell'Umanitaria. Durante questi studi scopre la propria vocazione alla pittura. Una vocazione Aspramente contrastata dal burbero padre che gli tagliò i viveri e lo cacciò di casa.

Nel 1915 si iscrisse all'Accademia di Brera. Suoi primi maestri furono lo scapigliato caricaturista Bignami e l'accademico cremoniano Rapetti.

lilloni e pillitteri 1970
Umberto Lilloni con Paolo Pillitteri 1970

Infiammato dagli ideali socialisti il giovane Lilloni aumenta le preoccupazioni paterne partecipando a comizi, a scontri con la polizia, e finendo persino a in carcere a San Vittore.

Nel 1917 viene arruolato nei reparti d'assalto della fanteria.
Nel dopoguerra si iscrive nuovamente all'Accademia di Brera sotto la guida di Tallone e di Alciati.

Nel 1922 gli viene conferito il premio del Pensionato Hayez.
Da questo momento la cronistoria della sua vita coinciderà perfettamente con quella della sua pittura. Avverte anche lui il problema del superamento della pittura postimpressionista e, per una breve stagione, si avvicina alle idee e alle ricerche del "Novecento" accogliendo con originale atteggiamento poetico le lezioni degli antichi. S'avvede ben presto che la tendenza novecentesca è viziata da stolidi interessi extratattici ed è, in fondo, anacronistica ed incongrua al suo temperamento. Riprende comunque lo studio del suo dilettissimo Gola, della grande tradizione pittorica lombarda. Ed ecco finalmente, intorno al 1930, le prime esperienze di quella "pittura a fondo chiaro" che diventerà la via regia dell'arte sua.
Nel 1927 gli viene conferito il premio Principe Umberto.

Dal 1927 1l '41 Lilloni ha insegnato all'Accademia di Brera, e dal '41 al 62 è stato titolare di cattedra all'Accademia di Belle Arti di Parma.

Lilloni non è mai stato un grande viaggiatore, tuttavia nel '49, per suggerimento dell'amico Carlo Cardazzo, intraprese un viaggio in Svezia e soggiornò per alcuni mesi a Stoccolma.

Negli anni '70 pose la propria dimora in Svizzera, dove trascorse molto tempo dei suoi ultimi anni di vita.
 

Lilloni è morto a Milano nel 1980


UMBERTO LILLONI : Curriculum



Premi

1922 - 1º premio medaglia d'oro alle Olimpiadi Universitarie, Roma
1922 - Premio Pensionato Hajez, Milano
1927 - Premio Nazionale Principe Umberto, Milano
1933 - Premio Golfo di La Spezzia, Medaglia d'oro Ministero E.N.
1933 - Premio Sallustro Fornara, Milano
1934 - Premio Durini, Acquarello, Milano
1935 - Premio Sallustro Fornara, Milano
1935 - Targa Mostra Internazionale, Bruxelles
1937 - Premio Paesaggio Monzese, Monza
1937 - Medaglia d'oro Mostra Internazionale, Parigi
1937 - Premio Paesaggio Lecchese, Lecco
1939 - Premio Paesaggio Bergamo antica, Bergamo
1939 - Premio Paesaggio Italiano, Bergamo
1939 - Premio Nazionale Guido Ricci, Milano
1941 - Premio nazionale, Bergamo
1946 - Premio Burano, Venezia
1947 - Premio Garda, Riva del Garda
1947 - Premio Alassio, Alassio
1949 - Premio Michetti, Pescara
1953 - Premio Medaglia d'Oro, Burano
1956 - Premio Marzotto, Valdagno
1959 - Premio Botticella, medaglia d'oro, Pavia
1960 - Premio Ghelfi, Como

 

Umberto lilloni con la moglie Maria e i figli Adele e Luciano, 1930, Medole

UMBERTO LILLONI : Rassegna Stampa



Da: "Arte Italiana contemporanea"
Luigi Carluccio

"Tra i "Chiaristi", Lilloni occupa infatti un posto particolare, perchè la sua tavolozza ha ripudiato le ombre, cioè il peso, la quantità e gli assorbimenti delle ombre, riuscendo a ricuperare quelle parti del mondo visibile che esse si impuntano a cancellare. Ma anche perchè la sua tavolozza, che, ad analizzarla, trascorre su tutto l'arco delle tinte possibili, ritorna costantemente al chiaro. Non al bianco, ma a quel punto, che non è soltanto l'alba del giorno, in cui la luce e i colori si innestano, e i colori non sono ancora diventati tutto ciò che potrebbero essere quanto carica e densità, la luce è in qualche modo un concetto, una entità astratta percettibile nella sua elementare purezza.
Si potrebbe anche dire, che l'occhio di Lilloni ha la facoltà di sollevare la pelle delle cose e ricostruire strumentalmente oltre che poeticamente lo jato ineffabile che corre tra la luce e i colori; con una facilità che impressiona, anche se lui sceglie accortamente i luoghi, le ore e le circostanze in cui l'operazione sembra favorita dalla natura: le terre innevate appunto; le acque dei laghi; le acque dei canali, i boschi di primavera con le foglie esili che muovono al più lieve spiraglio d'aria. Sono queste le cose che, attraverso l'occhio di Lilloni, la sua tavolozza, la sua toccata sembrano, a prima vista, lievitate, scorporate, ridotte a fantasmi, a scenario di fiaba, fiaba nordica magari, alle soglie dell'Artico dove può anche non esistere la notte, il buio, il nero e che, tuttavia, si riempiono lentamente di brividi, increspature, di fruscii, di frulli, di sospiri, di fiati. Diventano natura vera e viva.
Così le parole di Persico, che in anni ormai lontani predicavano la pulizia della tavolozza, una nuova igiene contro il nero generale e in particolare contro il bitume che nei peggiori novecentisti si intrometteva solidamente tra luce e colore e allungava le distanze tra la verità e la finzione pittorica, dovettero ragiungere l'orecchio di Lilloni come se fossero state attese da sempre, nelle fresche umide cave della sua sensibilità. ..."


 


Dalla Rivista Oggi del novembre 1970


OGGI 1970 novembre 16 num 46 anno 26

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